fan fiction: i guerrieri nordici

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Ice_Shaina
view post Posted on 12/3/2009, 23:30




posto qui una delle mie tante fan fiction...vorrei tanto avere un vostro parere a riguardo, anche un fa schifo!!! :) :) :) e ovviamente spero possa piacervi...la storia riguarda camus e hyoga, qualche tempo dell'investitura di quest'ultimo a saint, e di una guerra che i due dovettero affrontare per difendere la siberia e lo stesso hyoga. :) :) a per ultima cosa vorrei specificare che non si tratta assolutamente di yaoi!!!

per ora vi posto il prologo:

PROLOGO:

Notte. Una notte fredda e ventosa. La neve cadeva in grossi fiocchi bianchi, e rendeva del medesimo colore tutto ciò che toccava. Nemmeno i lupi, numerosi in quelle lande ghiacciate, osavano uscire dalle loro tane. Tutto era immobile, eccetto i grossi pini siberiani che ondeggiavano ad ogni folata di vento. Nessun essere vivente si sarebbe mai arrischiato ad uscire con un tempo del genere, nessuno, tranne una donna, una giovane sui trent’anni, dai lunghi capelli biondi e gli occhi del colore del ghiaccio. Natassia era il nome della donna, natassia regina di russia, spodestata dal trono dalla sua stessa sorella, Freya. Accusata di tradimento verso il regno, dovette fuggire da palazzo e cercare riparo nella notte siberiana. Ora avanzava a fatica nella neve fresca, portando in braccio il suo unico figlio, un bambino di circa due anni, avvolto in morbide e calde coperte. Era per lui che era scappata, altrimenti avrebbe affrontato dignitosamente la sua condanna e sarebbe morta nel suo palazzo, da vera regina: ma non aveva il diritto di decidere anche per il figlio. Ora però iniziava a sentire un senso di disperazione crescere nel suo cuore. Era fuggita, era salva e così anche suo figlio, ma che poteva fare adesso??!! Non poteva lasciare la russia, sicuramente non da sola, e nemmeno continuare a girare senza una meta. Inoltre il freddo era di giorno in giorno più intenso con l’avvicinarsi dell’inverno e in quelle condizioni ne lei ne il bimbo si sarebbero salvati…
Si fermò un attimo. Con le lacrime agli occhi spostò le coperte dal viso del piccolo e lo guardò. Dormiva. Non sapeva niente di quello che stava accadendo. Aveva conosciuto così poco del mondo, anche se a volte bello e a volte orribile, valeva comunque la pena viverci. Per questo ricoprì il figlio e ricominciò a camminare. Finchè non avesse trovato un posto sicuro, almeno per lui, non si sarebbe fermata. Poi di lei, il fato poteva fare quello che voleva, ma non ora.
Passarono le ore; le gambe della donna erano a chiazze bluastre, il vico pure e così anche le mani. Il respiro era affannato e la vista sempre più offuscata, a causa del terribile vento e della stanchezza. Il peso del bimbo iniziava a farsi gravoso e i muscoli delle braccia le bruciavano terribilmente. Lacrime di dolore, nate dalla consapevolezza di non poter mantenere il suo proposito, colavano sul suo viso. Quanto poteva ancora andare avanti? Quanto prima che il suo corpo riuscisse a vincere la sua volontà? Poco…questa era la sua unica risposta. Infatti non molto dopo le ginocchia non la ressero più, e la donna si accasciò nella fredda neve siberiana. Con le sue ultime forze strinse forte il bimbo a se…ora solo un miracolo poteva salvarli.
Dopo pochi minuti riaprì gli occhi, scossa da qualcuno. Le ci vollero alcuni secondi per mettere a fuoco di chi si trattasse: era un ragazzo, un ragazzino, con dei capelli azzurri mossi dal vento e due grandi occhi di color blu notte, e cercava di farla rinvenire scuotendola leggermente.
“signora…signora si svegli…si svegli coraggio….”- continuava a ripetere.
“no…ormai il mio tempo è scaduto – sembrò quasi dire a se stessa -…preferisco morire sulla mia terra…” – sussurrò prima di chiudere gli occhi, stavolta per sempre.
“signora….” – mormorò il ragazzo capendo quel che era successo poi piano piano iniziò a ricoprirla di soffice neve appena caduta, ma presto si accorse che vicino al corpo della giovane qualcosa si muoveva. Si avvicinò all’involucro di coperte e guardò dentro. Vide il piccolo che doveva essersi svegliato da poco, e che iniziava ad agitarsi, forse per la fame.
Se l’avesse lasciato lì non sarebbe sopravvissuto più di qualche ora, se non di meno. Gli diede un’altra occhiata. Era così piccolo…come poteva lasciarlo lì…con quale cuore?! Con tutta la delicatezza di cui era capace lo prese dall’abbraccio della madre e dopo aver ricoperto completamente di neve, il corpo della donna, si diresse verso casa. Nel tragitto che lo separava dalla abitazione disse fra se: “qui non ci sono posti sicuri per un bambino piccolo…resterai con me…hyoga” - mormorò sorridendo dolcemente al bimbo che lo guardava con i suoi grandi occhi color del ghiaccio.
In questa occasione avvenne l’incontro tra il piccolo hyoga e il giovane camus, ormai prossimo all’investitura a saint di athena.
 
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Shiryu's Girlfriend
view post Posted on 12/3/2009, 23:55




*w* *w* *w* *w* *w* *w* *w* *w*w* *w**w* *w* *w**w* *w* *w* *w* *w* *w**w* *w*
E' bellissimaaa *_**_**_**_*
 
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Ice_Shaina
view post Posted on 13/3/2009, 00:15




WOW!!!!! GRAZIE MILLE VIRGI!!!!! :) :) :D :D
 
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Ice_Shaina
view post Posted on 12/4/2009, 21:40




ecco il primo capitolo!!! ^_^

CAP 1:

cadeva una sottile, candida neve sulla pianura innevata della siberia. Era inverno, ma poteva essere anche estate…le cose in quel posto ostile, non cambiavano. Il freddo era sempre intenso, la neve e il ghiaccio erano onnipresenti. L’estate non esisteva e vivere in quel posto era ogni giorno una sfida per gli abitanti della zona. Pochi, certo. L’unico villaggio contava circa duecento,trecento persone, quasi tutti uomini adulti, che per poter portare a casa un po’ di soldi, lavoravano come taglialegna in quel posto per diversi mesi all’anno. Nella stagione più fredda avevano il permesso di tornare a casa, per godersi la miseria accumulata e stare con la proprio famiglia. Di conseguenza d’inverno quella landa desolata lo diventava ancora di più, popolata solo da qualche eremita e animali selvaggi.
Quel giorno un forte vento soffiava sull’innevata pianura, un vento molto forte e freddo, constatò camus, appoggiato allo stipite della porta. Ormai l’inverno era decisamente arrivato. Dopo giorni e giorni di temperature relativamente alte, il gelo siberiano era alle porte. Il giovane saint uscì dalla porta, quel tanto da essere investito da una folata improvvisa. Non si mosse. Conosceva quella terra da anni ormai. Era abituato a quel clima.
Nonostante fosse francese di nascita, era rimasto orfano già nei primi mesi di vita, tanto da non ricordare nemmeno il volto dei suoi genitori. Sapeva solo che quando erano morti si trovavano in grecia, probabilmente per scopi scientifici. In ogni caso entrambi si ammalarono e morirono poche settimane dopo, lasciando il bambino solo in casa. Venne trovato giorni dopo da un abitante del luogo, il grande sacerdote del tempio di athena, che lo salvò da morte certa. Cresciuto decise di divenire un saint e così all’età di sette anni,dopo anni passati in siberia ad allenarsi, era tornato, pronto per ricevere l’investitura a gold saint di athena, custode del tempio della giara del tesoro, l’undicesima casa dello zodiaco, corrispondente all’acquario. Quindi ormai considerava la grecia e la siberia come le sue uniche vere patrie. Fece qualche altro passo nella soffice neve, sprofondando fino al ginocchio, bagnandogli completamente le gambe, protette solo da dei pantaloni di stoffa e degli scaldamuscoli, completamente logorati. Incurante del freddo continuò a camminare. Decisamente aveva sopportato ben di peggio durante il suo addestramento…quella neve, nella quale più persone erano morte assiderate, anche completamente vestite, per lui non era niente. Con lo sguardo fisso, continuò il tragitto, anche con il vento che gli apriva minuscoli taglietti sulle braccia nude. Non aveva una meta precisa, solamente voleva trascorrere un po’ di tempo, con l’elemento a lui più simile: il ghiaccio, freddo ed intaccabile come lui.
Arrivato sotto uno dei ghiacciai più grandi presenti in quella landa, si sedette si suoi piedi. Questa volta la neve gli arrivò fino allo stomaco. Il gold saint allora chiuse gli occhi e appoggiando la testa alla gelida parete, restò immobile a farsi ricoprire di neve. Adorava pensare stando così. Inoltre quella era una delle ultime volte che poteva farlo. In non meno di quattro giorni doveva troavrsi ad atene, su convocazione del grande sacerdote. Era preoccupato per questo incontro. Ultimamente il santuario era scosso da strani e orribili eventi, e sulla stessa figura del sacerdote arles, giravano parecchie voci. Non che lui fosse uno da credere a tutto ciò che gli si raccontava, ma in questo caso anche lui nutriva parecchi dubbi in proposito. Il vecchio sion non sembrava più quello di un tempo. Era completamente diverso, ed anche le sue idee erano profondamente cambiate. Era sempre stato un uomo pacifico eppure ora, chiunque esprimesse idee diverse dalle sue, era condannato a morte nel migliore dei casi. Come voleva la sua natura camus era molto riflessivo e al contrario della maggior parte degli altri gold saint, che seguivano ciecamente Arles, lui era molto più critico. Sicuramente al vecchio sion doveva essere successo qualcosa. Con quell’incontro aveva decisamente l’occasione per fare chiarezza alle sue incertezze.
Si rialzò dopo aver finito di pensare,e toltosi la neve di dosso, si rincamminò verso casa. Il freddo iniziava a farsi sentire…infatti nonostante fosse un gold saint, il suo era un comunissimo corpo umano; molto resistente ed allenato, ma pur sempre umano.
Arrivato a casa aprì pigramente la porta. Silenzio. La casa sembrava completamente vuota. Il riscaldamento era chiuso e le luci pure. Entrò, sempre a passi lenti, e preso un asciugamano se lo passo sui lunghi capelli, completamente fradici e poi sulle spalle; infine si diresse verso la credenza per prendere una lattina di coca cola e dopo averla aperta iniziò a sorseggiarla lentamente.
Una voce interruppe il silenzio della stanza, esclamando: “maestro….è già di ritorno??!!” – la voce era di hyoga, il ragazzo che aveva salvato tredici anni prima, un ragazzo molto alto per la sua età, con biondi capelli, costantemente spettinati, e dei meravigliosi, grandi occhi color ghiaccio. Camus l’aveva preso come proprio allievo qualche anno prima, notando la sua grande resistenza e forza. “si…oggi è particolarmente freddo….”
“vuole che le prepari qualco….”
“no!!!” – rispose freddamente il saint, continuando ad assaporare la frizzante bevanda
“…..come vuole…”
“cos’hai fatto questa mattina?”
“eh….ecco….” - farfugliò imbarazzato il giovane ragazzo
“immagino dal tuo tono che anche oggi non hai fatto niente….” – lo rimproverò camus –“come puoi pensare che ti investa a saint, se ogni volta che non ti controllo vai sulla tomba di tua madre trascurando i tuoi allenamenti???!!!” - continuò.
In effetti ogni volta che camus non lo controllava il giovane sentiva ardentemente il desiderio di recarsi sulla tomba della madre. Infatti qualche giorno dopo la sua morte, camus aveva preso il corpo della donna e spaccando il ghiaccio, l’aveva deposta all’interno di una vecchia nave, affondata nelle vicinanze anni prima. Aveva pensato che quella nave sarebbe stata un ottimo sepolcro, dove la bellezza della giovane non si sarebbe deteriorata.
Ora però hyoga desiderava sempre più raggiungerla, per poterla rivedere, nonostante il suo maestro fosse alquanto contrario.
“….maestro…sa quanto desideri rivedere mia madre….ultimamente il bisogno di rivedere il suo volto, si fa sempre più forte nel mio cuore…non riesco a concentrarmi sugli allenamenti….” – si scusò hyoga tenendo i luccicanti occhi bassi e mordicchiandosi il labbro.
Camus lo guardò; forse era stato un po’ troppo duro con lui…ma poi ripensandoci si alzò e senza dire niente se ne andò. Il silenzio di camus alle volte poteva essere peggio di milioni di parole.
 
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